Ogni anno, in Italia, vengono allestiti degli eventi il cui protagonista è il vino. Moltissime volte a questo si associano i cibi più adatti alle degustazioni, come ad esempio il formaggio. Come fare, quindi, per organizzare e far conoscere al meglio un evento? Ovviamente tramite i social! Gli eventi infatti hanno proprio una natura “social”, in quanto permettono alle persone di mettersi in contatto, scambiarsi informazioni ed opinioni. Organizzare eventi che offrono la degustazione combinata di vino e formaggio, tramite il digital marketing, porta molti vantaggi. Innanzitutto, i social network danno la possibilità di raggiungere un target non solo molto ampio, ma anche molto preciso: ad esempio Facebook dà la possibilità di selezionare il pubblico grazie a determinate caratteristiche scelte, cosi da raggiungere il maggior numero di persone interessate. Inoltre, grazie ai social i partecipanti diventano parte attiva dell’evento stesso, con condivisioni di contenuti relativi al binomio vino-formaggio, scrivendo o postando la loro esperienza in tempo reale e così via. Queste piattaforme online danno anche la possibilità di ricevere feedback da parte dei partecipanti per quanto riguarda l’organizzazione e lo svolgimento dell’evento. In questo modo, in momento in cui l’evento ha successo, sarà sempre più seguito nei social nelle future edizioni. Un esempio di indiscusso successo è l’evento nazionale dei formaggi e vini di montagna “Made in Malga”, che si svolge ogni anno nell’Altopiano di Asiago, durante il quale ogni bar, bistrot e ristorante della zona si impegna a selezionare dei formaggi “da malga” da abbinare a specifici vini. In questo caso, l’organizzazione responsabile dell’evento ha deciso di essere presente su tre social, Facebook, Twitter e Google+. In particolare, su Facebook, l’evento registra un altissimo numero di iscritti, quasi 6000, e un forte riscontro per quanto riguarda i commenti e i feedback, tutti estremamente positivi. Numerosissimi sono anche i tweet con l’apposito hashtag #madeinmalga, che sono stati fatti prima, durante l’evento e al termine di questo. Grazie alla comunicazione social l’evento è stato in grado di raggiungere un pubblico molto vasto, tanto che è stato trasmesso un servizio al telegiornale di uno dei canali più seguiti in Italia. I social network risultano dei mezzi validi per lo scambio di informazioni e opinioni per quanto riguarda eventi di degustazione di vino e formaggio e sono il modo più efficacie per raggiungere il pubblico e coinvolgerlo nell’esperienza. Per informazioni su come comunicare al meglio il brand del vostro formaggio visitate questo blog: vocealvinoblog.wordpress.com.
0 Commenti
Asiago è il quarto formaggio DOP in Italia come fatturato e deve gran parte del proprio successo alla costante presenza sui social. La comunicazione online è curata nei particolari, il brand infatti tiene conto delle peculiarità dei singoli social. Su instagram per esempio la maggior parte delle immagini ritraggono invitanti piatti a base di asiago, anche dove non è il formaggio l’ingrediente principe. Su facebook invece, i post sono molto più generici, in linea con le caratteristiche del social network. In quest’ultimo caso il brand tende a valorizzare il collegamento con il territorio e farne un elemento distintivo. Inoltre, vengono proposti degli abbinamenti con altri cibi e bevande per attirare l’attenzione del consumatore, un esempio classico è dato dall'accostamento di diversi vini alle diverse stagionature dell’Asiago. Oltre che essere ben presente in tutti i principali social, Asiago si distingue per la sua originalità, differenziando la propria strategia rispetto ai competitors creando un’app ad hoc, o forse sarebbe meglio dire “a DOP”. Questa applicazione si sposa perfettamente con il mondo dei social network grazie alla sezione “cheese!”, infatti tramite essa è possibile scegliere una cartolina, mettere sopra una propria foto e condividerla con i propri amici on-line. Un’altra parte molto importante è “Asiago network”, nella quale si può trovare una mappa dell’Italia in cui è possibile localizzare ristoratori e negozianti di Asiago, ma anche i food blogger e le ricette tipiche a base di formaggio dell’altopiano vicentino. Tutto ciò è fondamentale per accaparrarsi l’attenzione dei consumatori sul web, i quali vengono bombardati da messaggi privi di originalità e ridondanti. In tal senso il brand vicentino si fa promotore di eventi volti alla valorizzazione del territorio e della tradizione, come ad esempio “L’aperitivo della tua terra”, durante il quale nei bar aderenti all’iniziativa e possibile degustare il formaggio vicentino. Questo è anche un modo per creare delle tendenze e delle abitudini tra i consumatori in modo da aumentare la presenza del brand. Un altro evento, o per meglio dire insieme di eventi, molto pubblicizzati nei social è “made in malga”, che si svolge annualmente nelle vie della città di Asiago, nelle malghe dell’Altopiano e nei locali pubblici del territorio dove si può assaggiare ed acquistare il formaggio vicentino insieme al meglio della produzione di montagna. Quando si parla di social network non dobbiamo dimenticare che si parla anche di intrattenimento. Uno dei migliori modi per coinvolgere gli utenti in questo senso è la creazione di video che catturino l’attenzione, i quali possono essere di puro intrattenimento o anche veicoli di informazioni pratiche. Un ottimo esempio ci è dato dal canale youtube “Asiago cheese” che propone video-ricette ma anche filmati che raccontano la storia e i principi su cui si basa il brand. Asiago DOP è dunque un marchio che ha saputo cogliere a tutto tondo i vantaggi del social media marketing, sia dal punto di vista della completezza, infatti è presente su tutti i social, anche quelli minori, sia dalla prospettiva dell’originalità, creando contenuti di qualità e trovando delle applicazioni fantasiose e singolari come la sezione “cheese!”. Tutte le aziende del settore caseario e non, devono prendere in considerazione il fatto che ormai i social network sono divenuti strumenti di comunicazione e di marketing molto potenti, che se trascurati possono portare a conseguenze a dir poco negative per l’azienda. “I foodblogger sono una categoria “ibrida”: sanno cucinare ma non sono cuochi, sanno fotografare ma non sono fotografi, sanno scrivere ma non sono giornalisti...” Questo è quanto scrive nella sua tesi di laurea magistrale Stephanie Cabibbo, in arte Mastercheffa, foodblogger affiliata alla piattaforma Giallozafferano, che abbiamo avuto il piacere di intervistare. Con quasi 35'000 follower sulla sua pagina facebook e un passato nel settore caseario, ci ha raccontato delle sue esperienze in Africa per la promozione dei formaggi tradizionali locali, di come è incominciata la sua carriera da foodblogger e del lavoro che c’è attualmente dietro a questa vera e propria attività professionale, nonché altre piccole curiosità. Ciao Stephanie! Ci puoi raccontare qualcosa del tuo passato nel “formaggio”? Certo! Ho lavorato per quasi 5 anni al Corfilac, Il Consorzio Ricerca Filiera Lattiero-Casearia della Regione Siciliana. Il Corfilac è un ente articolato che offre assistenza agli allevatori lungo tutta la filiera, “dalla stalla alla tavola”, ed è inoltre l’ente certificatore del Ragusano dop. Ho lavorato in un progetto legato in particolare ai paesi in via di sviluppo (international Professional Women Opportunity - iPWO). Sono stata in Benin ed in Niger per quanto riguarda l’Africa, ma anche in India. In questi paesi, date le esigue quantità di latte prodotto dagli animali, sono le donne che tradizionalmente trasformano il latte in formaggio, mentre agli uomini spetta il compito di allevare il bestiame. Il progetto a cui ho partecipato era basato sull’idea di migliorare le produzioni casearie tradizionali di questi posti, sia in termini di marketing e commercializzazione che di condizioni igieniche di produzione e di produzione animale: un approccio molto diverso rispetto alla maggior parte delle politiche di cooperazione legate a questo settore. Mi riferisco ad esempio ai progetti della FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura, ndr ), che tende a favorire la creazione di centri di raccolta del latte, non permettendo quindi alle donne di guadagnare qualcosa dal valore aggiunto dato alla materia prima attraverso la trasformazione casearia e contribuendo con il tempo alla perdita di un’arte antica, tradizionalmente tramandata da madre in figlia per generazioni. Quando la FAO organizza ad esempio un centro di raccolta latte in Benin, questo può tranquillamente essere comprato da multinazionali per produrre formaggi ben poco tradizionali come il Brie, causando la perdita di qualunque forma di territorialità: una volta che il latte prodotto è aggregato si perdono sia i metodi di lavorazione tradizionale che le caratteristiche tipiche di un prodotto, e la popolazione non ne trae alcun beneficio. Uno dei filoni di ricerca più importante del Corfilac ha riguardato i formaggi a latte crudo: in questo senso i progetti sono stati volti a trasmettere la conoscenza riguardo la loro sicurezza dal punto di vista alimentare grazie al processo di stagionatura che abbatte la carica batterica dello stesso. Anche essendo a latte crudo sono prodotti sicuri a livello sanitario ed ancora in grado di trasmetterti le caratteristiche organolettiche legate al territorio: in parole povere con questi formaggi puoi trovare nel piatto quello che effettivamente ha mangiato la vacca. Se è vero che la pastorizzazione fa calare la carica batterica, lo fa anche dove non dovrebbe, uccidendo enzimi utili alla caseificazione, oltre a far svanire i profumi e le fragranze tipiche di un territorio. Tramite questi progetti ho imparato a grandi linee le tecniche di produzione, stagionatura, conservazione dei formaggi ragusani e di alcuni formaggi africani. Come sei passata dal lavoro di ufficio a quello di fooblogger a tempo pieno? Dopo il Corfilac ho lavorato in due diverse aziende vinicole, con in mezzo una gravidanza che mi ha tenuto a casa per un certo periodo. Durante questo periodo, essendo appassionata del programma televisivo Masterchef, ogni Giovedì sera mi piazzavo davanti alla tv assieme ad un amica vegetariana. Io cucinavo per lei e dovevo ad ogni appuntamento inventarmi dei piatti che essendo rigorosamente vegetariani necessitavano di maggiore fantasia rispetto alle pietanze a base di carne. Il giovedì è così diventato un appuntamento fisso e mi sono dovuta organizzare di conseguenza: menù completo dall’antipasto al dolce, sempre vegetariano, con tanto di votazioni a fine serata, sia sull’impiattamento che sul sapore (l’appuntamento è fisso anche adesso, ma la voce si è sparsa ed i miei giudici cambiano di settimana in settimana!). Dopo un annetto, ho notato su Giallozafferano l’opportunità di aprire un proprio blog e mi sono buttata! Naturalmente, come ovvia conseguenza di tutto questo, ho deciso di chiamarmi Mastercheffa. In quel periodo l’azienda vinicola dove lavoravo stava attraversando un periodo di crisi con conseguente riduzione del personale che mi ha toccato in prima persona. È stato a questo punto che ho iniziato a sentire l’esigenza di dedicare più tempo al neonato blog. Avendo beneficiato della liquidazione e con mio marito che comunque lavorava ho iniziato a buttarmi anima e corpo in questo nuovo progetto, che ho vissuto da subito come una vera e propria attività imprenditoriale. Come spieghi nella tua tesi quindi sei passata da un blog da basso a alto investimento. In realtà da quando ho iniziato ho sempre avuto un alto investimento, pubblicando tutti i giorni una ricetta senza eccezioni (tranne forse l’ultima settimana grazie al recente fiorire di impegni “extraweb” che non mi permettono di stare dietro a internet come prima). Mi viene quindi naturale chiederti: hai una social media strategy definita? Io posto ogni giorno una nuova ricetta sul blog e la condivido su TUTTI i social: inizio da Facebook, mettendo una prima foto della ricetta sulla mia pagina; poi condivido la stessa ricetta su vari gruppi di cucina, e poi pubblico la ricetta del giorno anche su Twitter, Instagram, Pinterest e Google +. Diversamente da quello che si potrebbe pensare google + ha sì un’utenza minore, ma molto, molto settoriale: pochi utenti rispetto ai più blasonati facebook, twitter e instagram, ma molto coinvolti e interessati. Altra fonte di visite al mio blog si è inaspettatamente rivelata Pinterest, che rappresenta una grande fonte di accessi al mio blog. Come controlli la provenienza del traffico al tuo blog? Tramite Google Analytics posso vedere in un attimo da dove è stato aperto qualsiasi link al mio blog, quali ricette sono andate meglio e quali peggio e correggere quindi il tiro in corso d’opera: non a caso ce l’ho costantemente aperto! Su facebook lavoro più volte al giorno: quando riesco ad organizzarmi al massimo, faccio una programmazione settimanale di condivisione delle ricette, se possibile tutto rigorosamente via computer fisso che per queste operazioni ha un’interfaccia più agevole. Quando non è possibile lo faccio anche via smartphone, in maniera meno organizzata e più “istintiva”: condivido qualche ricetta vecchia, condivido qualche frase e quando da analytics noto che il traffico scende ricondivido qualche ricetta che avuto successo in passato e che so che “tira” ( il cosiddetto cavallo di battaglia). Parlando di ricondivisione dei tuoi vecchi articoli, mi viene da pensare alla persistenza dei contenuti di un blog nel tempo a cui fai riferimento nella tua tesi. Tu hai mai cancellato o modificato vecchie ricette? Cancellare o modificare dei contenuti è molto pericoloso in termini di indicizzazione: non ho mai cancellato contenuti né cambiato gli url. Quindi il tuo lavoro necessita di stare attenta anche al lato SEO (Search Engine Optimization, ndr) ? Si. Noi di Giallozafferano abbiamo la fortuna di poter usufruire dei consigli tecnici del team di Altervista, i quali ci forniscono costantemente delle “pillole” di seo sui gruppi di facebook, discorso valido non solo per Giallozafferano ma per tutte le piattaforme di Banzai (che ha da alcuni anni acquisito Giallozafferano, ndr). Giallozafferano ti dà una grande mano anche nella promozione, offrendo la possibilità di essere parte dei cosiddetti “gruppi premium”, composti da blogger che ogni 15 giorni postano le loro ricette direttamente sulle pagine facebook Blog Giallo Zafferano, Blog Giallozafferano Primi, Secondi e Dolci. Io, che ho lavorato tanto sulla qualità e sulla promozione dei miei contenuti, vengo scelta quasi tutti i mesi, e devo dire che in termini di visibilità i turni premium fanno davvero la differenza. Hai una strategia di lungo termine per l’evoluzione dei tuoi contenuti? È tutto molto in divenire. Non ho purtroppo ancora sviluppato una strategia fissa ma è proprio quello a cui sto puntando al momento: l’anno prossimo, infatti, sto programmando di aprire un punto fisico che fungerà da sede per laboratori/corsi di cucina e anche come base redazionale per organizzare al meglio il mio lavoro. Ad esempio il nuovo format dei personaggi (come il rozzo Tanino, ndr) è nato un po’ per gioco, per divertimento: c’è a chi piace e a chi no, ricade un po’ nel trash, ma nasconde dei messaggi che poi nel mio blog sono molto rimarcati, come quello del richiamo al cibo tradizionale. Sto molto attenta a consigliare ai miei lettori di usare prodotti genuini, evitando di usare prodotti semipreparati - come vedo invece fare moltissime blogger con le cosiddette “ricette tormentone”. Non sei bravo a cucinare? Non senti di avere il giusto feeling per preparare qualcosa di elaborato? Io la ricetta da 10 minuti te la propongo, ma una pasta con le zucchine, non la sfoglia industriale con la nutella dentro! È un discorso di coscienza e di educazione alimentare: quando vedo altri blogger condividere ricette del genere mi dispiaccio, perché sono convinta che diano un messaggio totalmente sbagliato. L’esempio che faccio sempre, da buona ragusana, tira in ballo proprio il formaggio: vuoi farti un semplice panino? Scegli il pane fresco e la provola piuttosto che il pancarré con la sottiletta: è facile, è veloce…ma è anche genuino! Qual è la relazione tra blog e social network secondo Mastercheffa? È una relazione indissolubile: se non fossero esistiti i social network io non avrei mai potuto fare il lavoro che faccio. Sono lo strumento principale con cui puoi attirare i visitatori: è improbabile che la gente si metta tramite il social network a cercarti sul web. Al limite si ferma sul sito madre Giallozafferano che è quello in prima posizione sui motori di ricerca, specialmente all’inizio quando sei in fondo ai risultati. Cos’hai imparato da quanto hai intrapreso questa esperienza? Sono diventata un’ottima utilizzatrice di wordpress, tanto che un Vivaio della zona mi ha chiesto di impostargli il sito (e attualmente gestisco dietro pagamento i loro social). Ho imparato moltissime cose sul cibo: molte ricette, ingredienti e piatti tipici che prima non avevo neanche mai sentito nominare, così come la stagionalità di moltissimi prodotti (e ciò si traduce anche per me in un’alimentazione più sana e corretta). Ed ho imparato a fotografare! Nella tua tesi riporti un dato molto importante: il foodblogging parla rosa, mentre in tv possiamo notare come gli chef siano quasi sempre tutti uomini. Qual è il motivo secondo te? Si tratta di un dato di fatto della nostra società: tradizionalmente l’uomo lavora fuori e la donna rimane a casa. La foodblogger per svolgere il suo lavoro solitamente resta a casa e lì cucina e fotografa le proprie pietanze. In termini percentuali, è quasi sempre la donna che si occupa del fattore alimentazione nelle famiglie. I pochi fooblogger che conosco non a caso sono più atipici e non rientrano nelle categorie più comuni: o sono gay, o sono single, o sono sposati ma senza figli. Chef donne ce ne sono, ma questo comporta per loro vivere la famiglia con il contagocce: se sei uno chef non sarai mai a casa con i tuoi cari a goderti pranzi, cene, domeniche, i festivi, capodanno, il cenone di natale: sei sempre al ristorante. Per concludere: qual è la tua ricetta di maggior successo? Le mie ricette di maggior successo sono quelle su cui non avrei scommesso un soldo, molto semplici ed anche con foto bruttine…ma forse proprio la foto poco artistica dà una rappresentazione più “raggiungibile” della pietanza per il lettore, che si sente maggiormente stimolato a provare a riprodurla. Le ricette in assoluto più gettonate sono la mia insalatina di finocchi al forno, le trofie al forno con zucca e salsiccia e la pasta con crema di zucca speck e pistacchi: stranamente non ho dolci sul podio, sarà perché utilizzo poca nutella, che in genere crea l’effetto click immediato da parte di moltissimi lettori! Grazie e buon appetito! A voi! Venti milioni di budget per la promozione del brand, e ora l’assalto a Masterchef e agli show-cooking in tv Dopo aver parlato delle strategie di Parmigiano reggiano vogliamo ora analizzare il suo concorrente e rivale più famoso, il Grana Padano!
Con le sue 4,5 milioni di forme nel 2014,, di cui 1.588.000 destinate al mercato internazionale, e i suoi 885 milioni di euro di fatturato alla produzione nazionale, 1,5 miliardi al consumo nazionale e 530 milioni all’export, è la prima Dop italiana. Negli ultimi anni ha superato, anche se di poco il suo rivale Parmigiano che nel 2012 era in vetta per fatturato. Ma com’è avvenuto questo sorpasso? sicuramente attraverso i venti milioni di budget destinati alla promozione in tutti i canali per il marketing, dalla televisione alla stampa, all’ingresso nei social network! Da anni la parte più significativa degli investimenti va alle televisioni, non solo agli spot pubblicitari ma a tutti i programmi di cucina in voga negli ultimi anni, nazionali e internazionali. Grana Padano è presente anche nel mondo dello sport, con una presenza importante in molti stadi attraverso i cartelloni pubblicitari. Ora però, partendo dal nuovo sito, l’azienda si è approcciata alla presenza diretta sulla rete internet, anche attraverso i social per i quali nel 2016 ha investito 800.000 euro. Di primaria importanza é la presenza di grana padano su twitter e facebook, le due pagine sono ben collegate al nuovo sito ufficiale http://www.granapadano.it/ dove si può vedere un’anteprima degli ultimi post in entrambe le pagine. L’ingresso nel mondo digitale è avvenuto in occasione di EXPO 2015, per l’occasione infatti grana padano ha rinnovato il sito, ha creato un’app ed è apparso su Facebook, Twitter, Instagram, Pinterest, Google Plus e Youtube. Il presidente Baldrighi racconta:” Gli ottimi risultati di gradimento ottenuti fino ad oggi in ambito digitale ci hanno stimolato ad ascoltare ancor più le esigenze del pubblico social. Puntiamo ad emozionare con Grana Padano gli oltre 150 mila fan della pagina Facebook e i 10.200 follower di Twitter, per poi accompagnarli sul piano concreto dell’esperienza, che per noi deve sempre essere la meta di ogni percorso virtuale. La vita è fatta di storia, di tradizioni, di emozioni che possono essere immaginate nel mondo virtuale ma che poi devono necessariamente tradursi in realtà per non restare solo illusione.” Il mondo dei social viene visto, quindi, non per creare esperienze, ma per invogliare il consumatore a cercare l’esperienza in Grana Padano nel mondo reale. Non solo un formaggio dalla spiccante italianità, ma un marchio di vitale importanza per la nostra economia e, lasciatecelo dire, una presenza singolare sulla nostra tavola. Quello che ci chiediamo oggi, o meglio, quello che vogliamo che voi vi domandiate, è: in che modo un’azienda di tali dimensioni e di tale notorietà, domina da decenni lo scenario che concerne la produzione casearia? Etica e determinazione aziendale, produttori ambiziosi e consumatori esigenti, certo, ne hanno aumentato il valore ed hanno spinto l’azienda ad evolversi nel tempo e a pretendere sempre di più da sé stessa, ma anche dalle risorse a lei disponibili. Vogliamo qui analizzare una che per noi e per quello di cui vi parliamo in questo blog, è materia fondamentale quando si parla di impresa e comunicazione. Vediamo, dunque, come IL Parmigiano Reggiano è riuscito a farsi conoscere, anzi, a confermare la propria notorietà, anche attraverso l’utilizzo dei social media. L’azienda attualmente è presente su diverse piattaforme, quali: Facebook, Twitter, Instagram, Pinterest e Google+. In ognuna di esse, la strategia è definita ed esplicita nel voler, prima di tutto, invogliare i propri clienti a continuare ad essere affezionati al brand, e, di seguito, accattivare nuovi possibili consumatori. Come ottenere gli stessi risultati? La vostra strategia deve innanzitutto seguire un preciso piano editoriale, con contenuti che spazino dalla cucina, alle curiosità sul prodotto, alla promozione di eventi di portata nazionale; per fare questo, la piattaforma che meglio si presta è Facebook. Un altro strumento interessante può ritrovarsi nella realizzazione di iniziative web, come la Parmigiano Reggiano Academy, la Parmigiano Reggiano Chef e la Parmigiano Reggiano Night; queste, attraverso i social, hanno permesso all'azienda la raccolta di contenuti e interazioni fondamentali per aumentare e diffondere in maniera avanguardistica la cultura del prodotto. Inoltre, LA Parmigiano Reggiano si è inserita nel sociale anche come promotrice della lotta alla contraffazione di prodotti; la stessa ha, infatti, utilizzato i social per sensibilizzare i consumatori e raccoglierne segnalazioni in merito a prodotti contraffatti ed anomalie nei punti vendita. Questo ha permesso all'azienda di interfacciarsi in maniera diretta con i propri clienti ed instaurare con gli stessi un rapporto affettivamente duraturo. Non bisogna dimenticare che “il sociale” è un valido strumento per raggiungere giornalisti, opinion leaders ed esperti del settore della comunicazione e del mondo agroalimentare. Infatti, l’azienda, è riuscita ad aggiudicarsi il primo posto nel contest #cibusbest, dedicato alla comunicazione social dell’evento, cui Parmigiano Reggiano ha partecipato con diverse iniziative ed attività nel 2014, attraverso Twitter. Per quanto riguarda Instagram e Pinterest, è necessario tenere presente che il tipo di comunicazione da proporre su questo genere di social, come insegna LA Parmigiano Reggiano, deve essere prettamente emozionale: mostrare paesaggi della zona di produzione, l’artigianalità della stessa ed “esibire” l’impegno di chi lavora nell'ambito caseario, possono risultare ottimi metodi per instaurare una sorta di complicità con il consumatore. In ultimo, troviamo Google+ ; attualmente, forse, è il social meno utilizzato, ma riserva diverse sorprese. È un ottimo spazio di incontro per aziende, consumatori e bloggers, che possono tenersi aggiornati sui contenuti proposti su altri canali social. Internet sin dalla sua nascita è stato uno strumento, una rete ad accesso pubblico, capace di connettere utenti provenienti da tutto il mondo. Il web può essere utilizzato per i più disparati motivi: mettersi in contatto con amici che si trovano dall'altra parte del mondo, cercare aiuti per risolvere problemi quotidiani, condividere foto e video, ascoltare musica, promuovere prodotti, servizi, eventi e chi più ne ha più ne metta. Internet attualmente però è da considerare come arma a doppio taglio. Efficace come niente prima d'ora per informarsi e acculturarsi tanto quanto pericoloso in quanto consente a tutti, "webeti" compresi, di condividere qualsiasi genere di contenuto, molte volte non umanamente accettabile. Concentriamo questo articolo sulle potenzialità che il web offre e che possono essere sfruttate dalle aziende ad esempio per essere maggiormente conosciute. Sempre più aziende attraverso la rete cercano di raggiungere le "personas" a cui il loro prodotto è indirizzato. Alcuni raggiungono l’obiettivo facilmente, altri impiegano più risorse e qualcuno fallisce perché magari non utilizza propriamente tutte le potenzialità che il web offre. Qualcuno decide invece di non volersi avvicinare a questa immensa rete di connessioni perché spaventato o scettico. Maggio 2012, Emilia Romagna. Forti scosse di terremoto fanno tremare caseifici e magazzini. Milioni di forme di Parmigiano Reggiano che stanno stagionando vengono danneggiate facendo rischiare grosse perdite economiche ai produttori. Da subito, in tutto il mondo attraverso la rete, vengono condivise immagini che raccontano la situazione casearia disperata; ma non è tutto perso. Internet è stata la salvezza per tutta quella gente che si vedeva ormai senza speranza. Infatti i produttori propongono di vendere online parti delle forme di Parmigiano danneggiate a prezzi favorevoli per limitare, quanto più possibile, le perdite. Il boom di questa campagna è stato mondiale; migliaia di richieste arrivano persino da USA e Australia. "Internet è uno strumento che ci ha salvato e ci ha fatto crescere" dicono tutti i produttori colpiti dall’evento. Sfruttare quanto più possibile questo potente mezzo per comunicare e farsi conoscere, rimane una delle principali strategie a cui ora un'azienda deve pensare se vuole raggiungere un maggior numero di consumatori. Tutti i prodotti caseari commercializzati necessitano di un’adeguata pubblicizzazione e promozione al fine di poter raggiungere il consumatore finale. Tali leve sono parte della strategia di vendita del prodotto, il cui obiettivo è quello di evidenziarne le peculiarità intrinseche. Esistono però delle sostanziali divergenze tra la produzione industriale e quella artigianale. Le quattro caratteristiche principali dei prodotti agroalimentari di massa (tra cui, ovviamente, i formaggi più consumati) consistono in elevata standardizzazione, prezzo medio, produzione su larga scala ed elevata frequenza d’acquisto. Contrariamente, i prodotti “tipici”, nei quali sono compresi i formaggi caratterizzati dalla produzione artigianale (malghe, caseifici e piccola produzione locale), sono soggetti ad una bassa standardizzazione, prezzo medio-alto, bassa diffusione (spesso i prodotti tipici si diffondono nel solo bacino di produzione), bassa frequenza di acquisto. Per quanto riguarda la produzione industriale, i marchi fungono da strumento di tutela: rappresentano un vero e proprio strumento di marketing che le aziende utilizzano per indirizzare le scelte finali dei consumatori (ed arginare fenomeni di pirateria). In questo caso, la voce che questi marchi hanno nei social media può essere decisamente virale nonché fondamentale per condurre i consumatori alla ricerca dello specifico brand nel banco formaggi. Le produzioni tradizionali, meno soggette alla concorrenza e meno redditizie, spesso non possono permettersi la tutela del marchio, oppure non la richiedono perché troppo costosa in rapporto ai benefici. Per questa seconda categoria, la strategia di valorizzazione più adeguata è rappresentata dal marketing territoriale. Infatti, ciò che distingue i prodotti tipici dalle commodities è proprio l’elemento territoriale, il quale rappresenta la principale leva di marketing per queste aziende. Questa, però, non deve essere l’unica leva sulla quale far forza: è necessario creare dei collegamenti univoci tra territorio ed il rispettivo paesaggio e comunicare al cliente finale gli aspetti qualitativi tangibili ed intangibili del prodotto. A tal fine, oltre alla promozione del territorio, occorre promuovere i soggetti coinvolti nella produzione (ad esempio, le malghe o i caseifici locali). In questo contesto, anche la produzione artigianale può avvalersi dei social media al fine di promuovere il proprio paesaggio e la propria filiera produttiva. Poiché non sono presenti marchi da poter pubblicizzare, è il caso di puntare sulla relazione prodotto-paesaggio-produzione al fine di creare nella mente del consumatore un’immagine che sarà difficile dimenticare. In seguito alla diffusione delle caratteristiche qualitative dei formaggi tipici, sarà possibile far conoscere ai più quei formaggi di nicchia che un tempo venivano ignorati. E, perché no, attivare all’interno dei canali di social media l’e-commerce, al fine di permettere a chiunque di partecipare all’esperienza di consumo di questi beni che un tempo erano limitati al territorio di produzione.
Perché i prodotti agroalimentari, ma soprattutto i formaggi italiani sono così diversi tra loro? Le diversità di clima, flora e fauna tra Nord e Sud del paese hanno condotto a diverse tradizioni che ci hanno regalato una grande varietà di prodotti caseari. In Italia si contano infatti più di 500 varietà di formaggi riconosciute, 44 dalla Comunità Europea (C.E.) come prodotti a Denominazione di Origine Protetta (D.O.P.), mentre altre 474 risultano nei registri delle Produzioni Agroalimentari Tradizionali (P.A.T.). A queste ne andrebbero aggiunte almeno altre 200, forse molte di più: le tipologie di cosiddetta “fantasia”, cioè soggette a libera interpretazione. Come può questa ricchezza raggiungere l'estero? Analizzando la produzione di formaggi, possiamo trovare l’Italia tra i primi posti della classifica mondiale, sia per qualità che per quantità. La qualità degli ingredienti, la passione per la buona cucina e il valore aggiunto del ‘Made in Italy’, fanno sì che Pecorino, Grana Padano e Parmigiano Reggiano siano i formaggi più venduti all’estero. L’ampliamento delle quote di mercato all’estero è un obiettivo che per essere raggiunto ha bisogno di un costante ed accurato investimento in attività promozionali: è questa la strategia vincente adoperata da Parmigiano Reggiano nel 2015, le cui esportazioni sono in continua crescita. Il vero goal è stato quello di elevare la reputazione del prodotto evidenziando le peculiarità che rendono il parmigiano unico rispetto ai competitors. Rilevante è stato inoltre l’impegno nella difesa del prodotto dalle molteplici imitazioni presenti sui mercati esteri. Il punto di forza del famoso brand italiano è stato quello di mettere in atto attività promozionali dirette e diversificate nei diversi paesi clienti, tra i quali si possono citare Australia, Canada, Cina, Danimarca, Francia, Germania, Giappone, Norvegia, Regno Unito, Spagna, Stati Uniti, Svezia e Svizzera. In seguito ad accurate analisi di mercato, Parmigiano Reggiano ha deciso di rispondere alle differenze culturali sviluppando attività promozionali, formative, relazionali e comunicative costruite sulla base delle esigenze dei diversi stati. Decidi chi vuoi essere e a chi ti stai rivolgendo, indaga e raccogli quante più informazioni possibili. Non sprecare la marcia in più che il ‘Made in Italy’ fornisce ai prodotti agroalimentari italiani, diversificandoli e rendendoli inimitabili! |
Archivio |